La signoria dei Malatesta e Montefeltro
Le terre della provincia di Rimini hanno un tratto che le accomuna e le unisce da centinaia e centinaia d’anni, sono il cuore di una antica regione storica: la signoria dei Malatesta e Montefeltro.
Tra Medioevo e Rinascimento la casata dei Malatesta è tra le più importanti d’Italia, una delle grandi famiglie che insieme ai medici, ai D’Este, ai Gonzaga, ai Borgia e poche altre, ha segnato davvero la storia e la cultura italiana ed europea.
DUE SIGNORIE A CONFRONTO
La storia delle colline riminesi parte dagli importantissimi insediamenti villanoviani di Verucchio per poi essere permeata dalla grande civiltà romana. Ma sono i secoli del Medioevo e del Rinascimento che hanno segnato l’intero territorio lasciando tracce indelebili, che oggi si ammirano negli impianti urbanistici, nelle architetture e nei monumenti di tutti i centri tra pianura e collina della provincia riminese.
E nei secoli XII-XV protagoniste furono due Signorie, i Malatesta e i Montefeltro, le cui vicende accomunano il territorio che deve, anche ad esse, la sua impareggiabile ricchezza e bellezza.
Entrambe originarie del Montefeltro, le due famiglie si mossero alla ricerca di territori su cui esercitare poteri signorili. Fu inevitabile che l’espansione dei rispettivi domini, attestati a nord e a sud delle vallate giungesse a creare attriti.
I Montefeltro avevano ricevuto nel XIII sec. la contea di Urbino, dopo aver già da circa un secolo il dominio del territorio del Montefeltro.
I Malatesta (anticamente Malatesti) nello stesso periodo possedevano i territori di Pennabilli e si erano allargati a Verucchio e verso la media valle del Marecchia. Le rivalità si acuirono per poi esplodere nella prima metà del ‘400, sotto le intraprendenti e determinate guide di Sigismondo Pandolfo Malatesta, Signore di Rimini e Fano, e Federico da Montefeltro, Duca di Urbino, entrambi vicari apostolici. Iniziò tra i due un continuo contrasto che si tradusse in battaglie, inganni, scontri a non finire. Ad avere la meglio fu Federico che seppe guadagnarsi la fiducia del Papa, mentre Sigismondo fu scomunicato e perse tutto, ad esclusione della sua tanto amata Rimini.
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I Montefeltro
Il primo Montefeltro della famiglia è il conte Antonio da Montefeltro, discendente dalla dinastia dei Carpegna, leggendaria figura che acquisì il nome in quanto portatore di discendenza illustre.
Montefeltro designava la zona di San Leo, Mons Feretrus, in onore del tempio dedicato a Giove Feretrio in esso ubicato. In seguito, il figlio Montefeltrano, consolidò il nome e il prestigio della casata, rendendola tra la più potenti della regione. Anche quando divennero conti di Urbino vissero in San Leo, Guido I da Montefeltro, detto anche Il Vecchio, nacque proprio a San Leo nel 1255.
Dante Alighieri, nella Divina Commedia, lo colloca nell’Inferno, nell’Ottava bolgia. Papa Eugenio IV nel 1443 nominò Oddantonio II da Montefeltro e padre di Federico, primo duca di Urbino, città che diventò capitale dello Stato e che si preparava a diventare uno dei centri focali del Rinascimento italiano. Ciò proprio ad opera di Federico che chiamò a sé i più grandi letterati e artisti dell’epoca, da Piero della Francesca a Luciano Laurana, a Francesco di Giorgio Martini che edificarono lo splendido Palazzo ducale. Il declino della città iniziò col trasferimento della capitale a Pesaro nel 1523.
I Malatesta
Anche le origini dei Malatesti sono in Valmarecchia, i primi documenti che li citano, risalenti al XII secolo, riguardano possedimenti terrieri nella Romagna meridionale e recano tracce di conflittualità con il Comune di Rimini. Tanti erano i possedimenti da riuscire a controllare le strade dell’entroterra riminese, facendo perno sul possesso di Pennabilli e Verucchio, che si contendono il vanto di avere dato loro origine.
Determinante l’antica parentela con la famiglia feudale più illustre e potente della zona: quella dei Carpegna. Attraverso il controllo del territorio e delle vie di comunicazione, della produzione agricola e dei commerci, iniziarono a esercitare pressioni su Rimini. Giunsero alla guerra conclusasi nel 1197 con un atto di riparazione.
Il comune riminese si legò agli interessi dei Malatesta, li nominò cittadini, concesse loro un seggio nel consiglio della città (1206), furono invitati ad abitare stabilmente all’interno delle mura. Dal 1239 al 1247 Malatesta dalla Penna (Malatesta I Malatesta), che nel 1223 era stato podestà di Pistoia, divenne podestà di Rimini. Ben noto Malatesta da Verucchio, “il centenario”, nato a Verucchio nel 1212 e morto a Rimini nel 1312, detto per l’età vetusta Mastin Vecchio, come riporta Dante nella sua Divina Commedia (Inferno XXVII vv. 46-48).
Questi fu padre di altre figure dantesche, quelle di Paolo e Gianciotto, il marito deforme e omicida di Francesca e del fratello. La via all’esercizio del potere assoluto sulla città fu aperta. Nel giro di pochi decenni la famiglia si impossessò di tutte le cariche civili e religiose esautorando gli organi cittadini. Contavano su ingenti ricchezze e su importanti appoggi ottenuti con guerre, astute politiche matrimoniali e alleanze ma mancava loro il titolo no-biliare. Perciò cercarono di accreditarsi origini antichissime: Noè, Tarcone, l’eroe troiano cugino di Ettore e di Enea; o ancora Ottone III, imperatore del Sacro Romano Impero; o Scipione l’Africano, di cui fu particolarmente seguace Sigismondo Pandolfo, il più celebre dei Malatesta, Signore di Rimini dal 1432 al 1468.
Sigismondo e la sua Rimini
All’età di 15 anni Sigismondo Pandolfo Malatesta divenne Signore di Rimini e di Fano, era il 1432. Per anni fu impegnato in campagne militari in tutta Italia conquistando fama e ricchezza che utilizzò per rendere la sua capitale e la sua corte degna delle grandi Signorie del tempo. È grazie a lui che Rimini ha l’onore di custodire il primo edificio del Rinascimento, il Tempio Malatestiano, disegnato da Leon Battista Alberti, arricchito dagli affreschi di Piero della Francesca. Mausoleo di Sigismondo e consorte, Isotta degli Atti, ma anche di Giorgio Gemisto Pletone, uno dei filosofi di corte che attorniavano il signore. Il suo carattere aggressivo, che tanta parte aveva avuto nella sua glorificazione, altrettanta ne ebbe nella sua caduta.
L’intricata situazione politica italiana fece il resto segnando il suo declino appena più che quarantenne. Inadempienze agli obblighi assunti, infedeltà al Papa di cui non condivideva più la politica, l’occupazione militare di territori sotto la giurisdizione dei Montefeltro, fedeli assertori della politica della Chiesa, lo portarono a perdere tutto tranne la città simbolo del suo potere, mentre Federico non solo si riprendeva ciò che era stato suo ma ampliava i possedimenti nei castelli malatestiani. Morì ad appena 51 anni, lui che a 13 già aveva guidato un esercito, occupandosi, negli ultimi anni, della prosecuzione dei lavori del suo Tempio. Rimini come Urbino è stata una capitale del Rinascimento, da qui sono passati grandi artisti, letterati ed umanisti.
Con la sua morte la città passò in secondo piano, mentre altre capitali rimasero protagoniste nei secoli a venire.