Gli amanti dannati: Paolo e Francesca

Tutti conoscono la tragedia dei due sfortunati amanti, Paolo e Francesca, ma non è certo dove essa si sia effettivamente consumata.

 

In Romagna diverse rocche malatestiane si sono candidate ad ospitare i ben noti amanti e nel corso dei secoli alcune più di altre si sono accaparrate l’esclusiva. A noi piace raccontarvi che anche qui giocano tanti fattori misteriosi e le leggende spesso hanno preso il sopravvento sulla realtà. E ciò a dispetto di date non coincidenti e di documenti inesistenti.

 

Iniziamo questo approfondimento con una prima ipotesi.
Per taluni la terribile vicenda si è consumata nella primitiva rocca di Santarcangelo di Romagna. Ma Rimini è certo che li ha ospitati e si sa che oggi è a Gradara la Rocca degli sfortunati amanti.

 

Comunque ecco la loro storia. La ravennate Francesca era figlia di Guido da Polenta il Minore, signore di Ravenna, “bellissima e di animo altero, educata alla cortesia ed alle regole del gentil parlare”. Purtroppo la città di Ravenna, come altri comuni della Romagna, era attanagliata da conflitti e lotte politiche e Francesca “fiore in mezzo a tanto ferro” come la descrisse D’Annunzio, ne fu vittima innocente. In pratica si dovette immolare alle leggi e costumi del tempo secondo cui i matrimoni siglavano patti e alleanze politico-strategiche. Così fu deciso che avrebbe sposato Giovanni Malatesta detto “Gianciotto”, figlio del potente signore di Rimini. E qui fu ordito il fatale inganno per timore che la fanciulla rifiutasse. Fu fatto credere a Francesca di sposare l’affascinante Paolo detto Il Bello, fratello di Gianciotto, che, recatosi a Ravenna munito di speciale procura, si unì a lei a nozze. Francesca accettò con gioia e senza dubbio alcuno, pronunciò felice il suo “sì” senza sapere che Paolo la sposava “artificiosamente” per procura ossia a nome e per conto del fratello Giangiotto. Raggiunta la sua futura dimora malatestiana, si accorse però dell’inganno. Non era Paolo il suo sposo bensì Gianciotto. Lo sconforto la catturò e la sua disperazione non si placò, anzi crebbe giorno dopo giorno. Ben presto la giovane ebbe modo di consolarsi tra le braccia di colui che aveva amato dal primo momento, il cognato Paolo, ma la storia da lieta si tramutò in dramma poiché un giorno Gianciotto, rientrato al castello, forse avvertito da un fedele servitore, o forse dal fratello Malatestino dall’Occhio, sorprese i due amanti e li uccise trafiggendoli con una lama. E la loro vicenda entrò per sempre nella storia, in primo luogo dei Malatesta, dei da Polenta, delle Signorie del tempo ma anche nella storia della letteratura mondiale che ne è rimasta tanto affascinata e l’ha cantata.

 

Il primo a farlo fu Dante Alighieri. La tragedia di Paolo e Francesca è nota grazie al sommo e al V Canto della sua Divina Commedia. Il poeta ha posto Paolo e Francesca nel secondo cerchio dell’Inferno, quello dei lussuriosi, dove un’incessante bufera percuote le anime, così che gli amanti sono sottoposti a un vento simile a quello della passione che li travolse in vita.

 

A questo punto resta il dilemma: l’ubicazione di questa tragedia.

 

Potrebbe essere davvero Santarcangelo lo scenario reale. Al momento nessuno può saperlo con certezza. A sostenere però questa ipotesi sono alcuni storici ed esperti e c’è anche chi sostiene di avere visto, nelle notti senza luna, lo spirito inquieto di Francesca, vestita di bianco, passeggiare, sospirando, per i vicoli del borgo medioevale, immobili custodi delle sue eterne sofferenze. E nella Rocca, scricchiolii e spifferi sono stati e vengono interpretati come lamenti di dolore per l’accaduto...

 

Qui si narra che abitasse Concordia Malatesta, figlia di Francesca, che chiese al nonno di edificare un convento dell’Ordine delle sepolte vive in memoria della madre e ciò proprio a Santarcangelo dove era stata uccisa. La fantasia popolare aggiunge che Concordia Malatesta, disperata per la morte della madre, si sia poi ritirata nel Convento della “Sepolte vive” da lei stessa fondato e ubicato nell’attuale piazza Monache, probabilmente dove ora è situato quello più recente delle Clarisse, accanto alla bellissima chiesa dedicata alle Sante Caterina e Barbara e dove è anche possibile soggiornare. Nella piazza, c’è una lapide in ceramica, murata sulla facciata di una abitazione, con l’immagine di una fanciulla triste che richiama alla memoria del visitatore l’antica leggenda.

 

Poiché la storia non è suffragata da documenti, è certo che Paolo e Francesca potevano trovarsi al momento dell’uccisione in qualunque Rocca Malatestiana, anche quella di Rimini.

 

Oggi però ce n’è una che si è candidata ufficialmente ad ospitare il fatto, la Rocca di Gradara. Splendida, affascinante la cittadina di Gradara ammalia già in lontananza, quando percorrendo l’autostrada la si vede apparire lassù intatta ed elegante, tra il verde della campagna ricca di ulivi e viti, con la cinta muraria e il castello preservati all’usura del tempo.

 

La Rocca e il suo borgo fortificato rappresentano una delle strutture medioevali meglio conservate d’Italia e le due cinte murarie che proteggono la Fortezza, la più esterna delle quali si estende per quasi 800 metri, la rendono anche una delle più imponenti. ...

 

Qui sotto il dominio malatestiano si consumò, così narra la leggenda, la tragedia di Paolo e Francesca, resa famosa dai commoventi e appassionati versi danteschi: “la bocca mi baciò tutto tremante, galeotto fu il libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante”. I due vennero sorpresi da Gianciotto che li trafisse con la spada. Dante colloca Paolo e Francesca nell’Inferno tra i lussuriosi, condannati alla dannazione divina ma con i suoi versi li ha spinti all’eterna commemorazione, elevandoli a simboli dell’amore.