Fosse e granai

Conservare gli alimenti era un imperativo al tempo in cui non esistevano frigoriferi. Allora si ricorreva alle nevaie, alle ghiacciaie, tanti gli esemplari intatti del periodo Malatestiano.

 

Ci sono poi i granai costruiti per immagazzinare grano e cereali, basti percorrere le strade del centro storico di San Giovanni in Marignano  e di Santarcangelo di Romagna.

Poi ci sono le fosse, scavate talvolta in terreni tufacei, ma soprattutto in rocce di arenaria, nelle quali si conserva assai bene, anzi si stagiona, il formaggio. È quello che viene detto “formaggio di fossa” ed è considerato una delizia per il palato dei golosi e degli intenditori. Da tempi lontanissimi esiste questa tradizione che è stata ripresa con attenzione e rigore scientifico negli anni ’70/80 del secolo scorso. Nelle fosse i formaggi prendono l’aroma del legno, del tartufo, del muschio, dall’ambiente dove si trovano. Il sapore va dal dolce al piccante, all’amarognolo a seconda del latte usato e delle fosse stesse. Stando infossato tre mesi, da agosto a novembre, viene fuori diverso, con un odore più forte e deciso, sempre commestibile.

Quell’odore oggi si chiama profumo.

 

Per gustarne il sapore e visionare le fosse bisogna recarsi a Talamello in Valmarecchia dove si tiene a novembre una apposita sagra, chiamata Fiera dell’Ambra di Talamello, come il poeta Tonino Guerra ha voluto chiamare il formaggio custodito per tre mesi nelle fosse, che qui sono circa una quindicina.

Anche a Sant’Agata Feltria e a Perticara si adoperano delle cavità per la stagionatura, seppure gli esperti parlano di affinatura e non propriamente infossatura.

 

In Valconca si è rinnovata la tradizione con rigore, in special modo a Mondaino dove la terza domenica di novembre si può assaggiare il formaggio appena “sfossato”. E dalle fosse emana un profumo tanto intenso da diffondersi per gli interi paesi protagonisti delle sagre, fino a inebriare.

Il formaggio di fossa, è un formaggio misto, la qualità del latte ne determina il pregio, le specie animali, il loro regime pascolativo ed il loro ritmo di vita giocano un ruolo indiscutibile sulle proprietà organolettiche. Le fosse tufacee fanno la loro parte avviando un nuovo processo fermentativo, ma il formaggio deve portare già in sé le doti che la permanenza nel chiuso delle fosse esalterà con sapore ed aroma particolari rendendoli unici nel loro genere attraverso la maturazione caratterizzata da processi microbiologici, chimici, chimico-fisici ed enzimatici.

 

In questa vallata nei tempi passati il formaggio di fossa in inverno era spesso il solo companatico della piada o del pane o il condimento della pasta asciutta. Si capisce quindi perché la gente delle contrade vicine e lontane salisse questo colle per portare a maturazione il suo formaggio nelle fosse tufacee. Con poco companatico si mangiava bene; di un formaggio così saporito ne basta poco. Oggi che il benessere ha soddisfatto le necessità alimentari di tutti si riscopre questo tesoro. Si apprezza non più come companatico, ma come aroma per dare vigore alle insalate, per dare grinta alla carne e per dare un tocco deciso alla pastasciutta. Molte sono le ricette in cui il formaggio di fossa oggi trova una sua collocazione. Il pregio sta nell’aroma.