Percorso romano nel centro storico di Rimini

Si parte dal Ponte di Tiberio
Il ponte romano sul fiume Marecchia, l'antico Ariminus intorno al quale era sorto il primo insediamento, crea ancora oggi il collegamento tra la città e il suburbio (borgo San Giuliano). Il ponte, iniziato da Augusto nel 14 e completato da Tiberio nel 21 d.C., come ricorda l'iscrizione che corre sui parapetti interni, si impone per il disegno architettonico, la grandiosità delle strutture e la tecnica costruttiva.
In pietra d'Istria, si sviluppa in cinque arcate che poggiano su massicci piloni muniti di speroni frangiflutti ed impostati obliquamente rispetto all’asse del ponte, in modo da assecondare la corrente del fiume riducendone la forza d’urto, secondo uno dei più evidenti accorgimenti ingegneristici.
 

Si prosegue verso il Museo della Città (ex Convento dei Gesuiti)
L’edificio che oggi ospita il Museo, attiguo alla chiesa costruita dai Gesuiti tra il 1719 e il 1740 in onore di San Francesco Saverio, è sorto tra il 1746 e il 1755 su progetto dell’architetto Alfonso Torreggiani (1682-1764) come “Collegio” dei Gesuiti.
Nel suo cortile ospita un lapidario romano con iscrizioni dal 1° secolo a.C. al IV secolo d.C. Il museo ha una sezione archeologica dedicata alla Rimini imperiale e custodisce i reperti degli scavi della Domus del Chirurgo di piazza Ferrari.
 

Raggiungiamo ora lo scavo di piazza Ferrari e la Domus del chirurgo
Il complesso archeologico, che si sviluppa dall'età romana al Medioevo, venne scoperto nel 1989 durante lavori di arredo urbano.
Lo scavo, condotto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia Romagna in collaborazione con i Musei Comunali di Rimini, ha messo in luce una domus della seconda metà del II sec. d.C., edificata in un'area già abitata dall'età repubblicana, non lontano dal porto di Ariminum.
Prestigiosi mosaici e vivaci affreschi descrivono una residenza ad uso privato e professionale. Fra gli ambienti di rappresentanza risalta il triclinium ornato da un mosaico con grande vaso e, alle pareti, da affreschi e da un raffinato pannello in vetro che raffigura pesci su fondo marino. Nella stanza dall'elegante mosaico con Orfeo è stato rinvenuto un ricchissimo corredo chirurgico insieme a  mortai per la preparazione di farmaci, inerenti all'attività medica del proprietario.
I materiali rinvenuti sono esposti nel vicino Museo della Città.
 

La prossima tappa è ai resti del Teatro romano
Di questo imponente edificio per spettacoli eretto nel I sec. d.C., non rimangono che pochi ruderi oggi inglobati in più recenti costruzioni che ricalcano l’originario andamento curvilineo delle gradinate (cavea).
Prossimo al foro, fu probabilmente eretto per volontà di Augusto nell’ambito degli interventi di sviluppo urbanistico promossi dall’imperatore.
Di forma semicircolare, aveva un diametro esterno di ca. 80 metri, mentre all’interno la lunghezza della scena misurava ca. 23 metri. La cavea, completamente autoportante, era sorretta da murature radiali e concentriche, costruite in malta con laterizi a vista. Corridoi di accesso coperti da volte a botte, consentivano lo smistamento verso le scale che conducevano alle gradinate.
 

Rovine dell’ Anfiteatro romano
Sorgeva ai margini del centro abitato di Ariminum, in prossimità della linea di costa, allora più arretrata rispetto all'attuale. Di forma ellittica, complessivamente misurava 118x88 metri, mentre l'arena aveva un’ampiezza di metri 73x44, non lontana da quella dei più grandi anfiteatri. Vi si svolgevano spettacoli gladiatori che richiamavano un vastissimo pubblico, di almeno 12.000 spettatori.
Edificato nel II secolo d.C., come testimonia la moneta dell’imperatore Adriano rinvenuta in una muratura, si sviluppava su due ordini sovrapposti: la sobria struttura in laterizio, che presentava all’esterno un porticato di 60 arcate, doveva risultare di grande effetto specie per chi giungeva dal mare. Ora sono visibili le due arcate del portico esterno, parte dell'arena e della cavea.
 

L’Arco d'Augusto
il più antico conservato nell'Italia settentrionale, segna l'ingresso alla Città per chi proviene dalla Flaminia, la via tracciata dal console Flaminio nel 220 a.C. per collegare Roma a Rimini. Eretto nel 27 a.C. come porta onoraria, esprime la volontà del Senato di celebrare la figura di Ottaviano Augusto, così come manifestato dall'iscrizione posta sopra l'arcata. Il monumento si inseriva nella cinta muraria più antica, della quale, ai suoi lati, sono visibili i resti, in blocchi di pietra locale. Oggi si presenta isolato, in seguito all'intervento di demolizione dei corpi adiacenti eseguito negli anni '30. L'intera struttura è permeata da un forte carattere religioso che sottolinea l'aspetto sacrale di porta della città.
 

L’itinerario prosegue in piazza Tre Martiri
Questa piazza ricalca parte del foro di Ariminum, colonia romana fondata nel 268 a.C.: posto alla confluenza delle due strade principali, il cardo e il decumano, l’antico impianto, più ampio e dilatato fino alla via San Michelino in foro, era lastricato con grandi pietre rettangolari, ora in parte visibili attraverso  aperture recintate.
Un cippo cinquecentesco ricorda il discorso che Giulio Cesare avrebbe rivolto alle legioni dopo il passaggio del Rubicone: in sua memoria la piazza, che già ne portò il nome, ospita una statua bronzea, copia di un originale romano.
Luogo di mercati e quindi salotto della vita cittadina, la piazza si presenta oggi nell’arredo urbano eseguito nel 2000, teso a valorizzare l’antico impianto e i segni della memoria.
La storia più recente lega la piazza ai tragici eventi bellici: ne consegna il ricordo il Monumento ai Caduti e il nome stesso della piazza, intitolata ai tre martiri partigiani impiccati il 16 agosto 1944 nel punto ora contrassegnato da un inserto di marmo.
 

L’ultima tappa è la Porta Montanara
La costruzione di questa porta, detta anche di Sant'Andrea, risale al I secolo a.C. e si inserisce in un organico programma di riassetto del sistema difensivo cittadino, attribuito a Silla. L’arco a tutto sesto, in blocchi di arenaria, costituiva una delle due aperture della porta che consentiva l’accesso alla città. Già nei primi secoli d.C., un arco venne chiuso: la porta, così ridimensionata ad un solo fornice, continuò a segnare l’ingresso alla città fino alla seconda guerra mondiale che la vide parzialmente distrutta.
E' stata ricomposta nel suo luogo originario.

 

Fonte: www.comune.rimini.it